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Parigi: polizia armata in corteo. Orizzonti di guerra permanente

Sono vere le notizie che circolano da qualche giorno.
Le conferme arrivano dai compagni francesi e dai loro siti di controinformazione.
 
A Parigi l’estrema destra della polizia francese sta organizzando quotidiani cortei non-autorizzati di massa, per protestare contro le politiche governative, secondo loro troppo morbide e permissive nei confronti dei manifestanti, e rivendicare le violenze subite in piazza in questi mesi di conflitto sociale.
Durante questi raduni – per di più, nel caso della polizia, illegali durante il servizio – i difensori della legge ostentano armi da fuoco automatiche, giubbotti anti-proiettile, manganelli. Molti di loro hanno il volto travisato da passamontagna, maschere e cappucci.
 
A pochi mesi dalle elezioni i gruppi “autonomi” di polizia, apertamente appoggiati dal Front Nazional, rivendicano genericamente maggiore libertà di azione ed equipaggiamenti aggiornati. Che tradotto vuol dire il diritto di uccidere, un’ancora più totale impunità dalla legge, e armi militari impiegate nell’ordine pubblico. 
 
Gli “indignados” in divisa sono stanchi dopo mesi di scontri e violenza per difendere nelle strade il governo, attaccato da ogni parte dalle forze rivoluzionarie e anticapitaliste, si trovano a protestare contro lo stesso governo: dopo aver stracciato ogni tutela sociale per la classe operaia francese, Hollande dovrebbe anche garantire il totale annientamento delle forze politiche che si ribellano a quelle scelte, concedendo alla polizia una libertà d’azione 
 
In pratica quello che viene domandato è una legittimazione – nuova e definitiva – della violenza repressiva come unico strumento reale di governo, volta al controllo della popolazione, che lentamente si sta immunizzando dai narcotici sociali per riprendersi, con la partecipazione alle lotte, fette notevoli di autonomia. 
Che sia Hollande o il prossimo governo nazista di FN ad accontentare la polizia, che questa sia la via maestra è dimostrato dall’evolversi dei fatti in questa caldissima annata francese, che sta contribuendo in misura notevole a smascherare – stavolta, forse definitivamente – la faccia oscura del capitalismo, la reale funzione del governo, la verità sulla sostanza dei rapporti di potere e sulla natura della guerra in atto. 
 
Intanto, i compagni che provano a opporsi ai cortei della polizia. Subiscono minacce, intimidazioni, sequestri fisici da parte di cordoni armati di sbirri. 
Questo il racconto di una giornata parigina sempre più tristemente tipica.
 
http://www.osservatoriorepressione.info/16901-2/

Questo avviene oggi, nel cuore dell’Europa.
La guerra permanente condotta dai governi e dalle agenzie internazionali contro il “terrorismo” (genericamente), assume chiaramente i tratti di una guerriglia interna condotta contro la propria popolazione civile per mantenerla in un costante stato di paura e inazione, favorevole al “corretto e costante sviluppo dell’economia”, il nostro dio supremo al quale sacrificare i corpi di migliaia di INADATTI; RIBELLI; EMARGINATI.  In questa epoca di mercato globale anche il terrore assume dimensione globale, e la repressione poliziesca viene normalizzata a livello sovranazionale, come principio ispiratore di tutte le nazioni e le società. 

 
E’ così che, mentre la polizia a Parigi minaccia il colpo di stato per rovesciare Hollande, pochi chilometri più a nord, a Calais, milleduecento dei loro colleghi al segnale del governo iniziano la distruzione della jungle e la deportazione di massa dei suoi diecimila abitanti. 
Questi due fatti, che appaiono incoerenti e lontani, sono invece accomunati dal loro obiettivo reale: determinare il risultato delle prossime elezioni, in cui il democraticismo ipocrita del PS se la giocherà all’ultimo sangue con i nazisti del Front National. L’uno deve mostrare di essere un vero francese cacciando i negri dal confine, l’altro di essere il vero garante della sicurezza nazionale. Sono gli effetti di una guerra intestina al sistema partitico, gli alleati politici del capitale che si spartiscono i pezzi della preda per i prossimi anni: la preda, naturalmente, sono i lavoratori francesi, i migranti, in una parola, le persone che a questo gioco non partecipano, per impossibilità o per scelta. 
 
E’ tempo di una presa di coscienza generale. Quello che accade oggi in Francia è stato definito come “laboratorio sociale di repressione”: un terreno per sperimentare in un paese europeo le forme di controllo sociale (militarizzazione in primis) già sperimentate altrove nel mondo. Ciò che avviene adesso in Francia, presto sarà replicato in tutti i paesi in cui saranno applicate pienamente le strategie neoliberiste. 
 
>>> L’appello apparso su paris-luttes.info:


“Ai nostri amici che non ripudiano la repubblica e i suoi valori, pensate ancora che questi poliziotti siano “repubblicani” nel momento in cui chiedono una separazione dei poteri meno rigida, ovvero attaccano una delle basi teoriche più importanti del sistema politico attuale?

A tutti i nostri amici, è evidente che non abbiamo saputo reagire collettivamente. D’altra parte, come rispondere a queste manifestazioni selvagge e armate? Ecco una domanda a cui dovremo confrontarci collettivamente.

Dobbiamo riportare il dibattito verso lo stato d’emergenza, i suoi abusi, la sua inutilità, e verso la polizia, i suoi metodi, le sue armi, la sua impunità.

Perché sono pochi gli sbirri che capiscono che la violenza e l’odio che ricevono quotidianamente (e contro cui manifestano) sono solo il risultato delle loro azioni, della loro impunità. E’ l’unico corpo professionale a ricevere semplici sanzioni amministrative nel momento in cui si permettono di mutilare, accecare e uccidere la gente.

Se un professore alza le mani su un alunno, sono guai. Ma morire in un commissariato invece sembra non essere un problema. Fino a che non capiranno che questa impunità è l’unica fonte delle loro preoccupazioni, il problema persisterà.

Il compito che abbiamo di fronte a noi in questo momento è pesante, e quello che stiamo vedendo negli ultimi giorni nelle strade di Parigi potrebbe essere solo un esempio di ciò che vivremo nei prossimi anni, rischiando di abituarcene.

La Francia sta diventando un laboratorio sociale di repressione.

Le ragioni per combattere non mancano.

Organizziamoci, questa volta muti proprio non possiamo restare.”